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Affrontare un'emergenza quando ci si trova all'estero

Ho aspettato a scrivere questo post, ma sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto per parlarne. Giusto, relativamente. Vado dritta al punto: sapete cosa voglia dire affrontare un’emergenza quando ci si trova all’estero? Io si.

L’emergenza che ci stiamo trovando ad affrontare a causa del Covid-19 ci trova rinchiusi nelle nostre case, per evitare che il contagio si diffonda. Intorno a noi scenari apocalittici, strade deserte e desolazione. Cerco come posso di mantenere l’umore alto, tenendomi impegnata proprio con questo blog o – uff uff – riordinando quando trovo la voglia.

Se rimanere chiusi in casa può sembrare noioso, da quando è stato emanato questo maledetto decreto non posso far altro che pensare a tutte quelle persone che sono rimaste bloccate all’estero, con difficoltà a tornarci in quella casa. Avete mai pensato a chi si è trovato ad affrontare questa emergenza in un luogo lontano dalla propria nazione, dalla propria casa senza possibilità o con difficoltà di rientro?

Come dicevo, io si. Perchè io sono rimasta bloccata in un paese non mio, senza possibilità di rientrare nè nel luogo dove vivevo all’epoca, nè di tornare a casa mia. E vi assicuro che non è stato piacevole. E altrettanto vi assicuro che no, non basta chiamare la Farnesina.

Affrontare un’emergenza quando ci si trova all’estero: ecco cosa mi è successo

La meta dei sogni: Bali

Ero arrivata a Bali da poco più di quattro giorni: tanto è bastato per farmi innamorare di quest’isola indonesiana. Il suo verde, i templi nascosti, il mare impetuoso. Non potevamo neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere da lì a qualche giorno. Salpiamo alla volta delle Isole Gili, un paradiso in terra a qualche ora di motonave dalle coste di Bali. A Padangbai aspettiamo la nostra imbarcazione: nell’attesa, notiamo che piccole indescrivibili – foglioline? sabbia? terriccio? non lo capiamo subito cose si attaccano alle nostre teste. Ridiamo, ci imbarchiamo. Ciao Bali, ci vediamo tra qualche giorno di relax.

Sotto un cielo incandescente: il tramonto a Gili Trawangan

La nostra vacanza nella vacanza stava procedendo all’insegna del relax: mare, sole, piscina. Qualche escursione nei dintorni, un po’ di snorkeling. Una sera ci fermiamo sulla spiaggia fino a tardi: tutto intorno a noi l’Indonesia ci stava regalando un tramonto da favola. Dei riflessi rossi così pieni non credo di averli mai più rivisti. Il tramonto sfumava sul mare regalandoci uno dei ricordi più belli di quella vacanza, che ancora custodisco gelosamente nel cuore. Torniamo a casa per la doccia, riaccendo il cellulare e trovo un messaggio: Fabi, state tutti bene? Certo che si, stiamo tutti bene. Non capisco, accendo la televisione sulla CNN. “The vulcano Agung explodes in Bali after 50 years: all areas evacuated”. Capiamo che il riflesso rosso del tramonto che ci ha appena travolto il cuore, altro non è che il fuoco di un esplosione vulcanica che riflette nel cielo.

Affrontare un’emergenza quando ci si trova all’estero non era esattamente nella lista di cose che avrei voluto fare nella vita, ma mi ci sono appena trovata dentro con tutte le scarpe.

Cosa fare? La Farnesina e il famoso sito Viaggiare Sicuri

Lì per lì non ci siamo sconvolte più di tanto, stavamo bene e non eravamo più di tanto preoccupate. Se non altro, scopriamo che quelle cose che ci erano piovute addosso mentre aspettavamo la barca non era sabbia, bensì cenere. Padangbai si trova a poca distanza dal vulcano, come in realtà qualsiasi punto di Bali. Per un vulcano che ha fatto sentire la sua potenza fino a duemila metri oltre la sua sommità, ogni punto era potenzialmente in pericolo. Abbiamo tentennato, devo dire a verità. Abbiamo deciso poi di chiamare la Farnesina – cosa che viene sempre consigliata in questi casi, lo sento nei telegiornali anche ora con l’emergenza Covid. Pronto Farnesina, noi siamo a Bali! Ehm, che si fa? In realtà neanche io avrei saputo cosa chiedere: ci aiutate? Ci rimpatriate? Noi domani abbiamo l’aereo del ritorno per Sydney, è tutto confermato?

Si buongiorno, qui la Farnesina. Se visitate il sito Viaggiare Sicuri potrete notare che sono circa sei mesi che è sconsigliato ai cittadini recarsi a Bali, proprio per via del vulcano. Mi spiace, noi non possiamo farci molto. Tanti auguri.

Mantenere la lucidità necessaria per affrontare un’emergenza all’estero

Qui abbiamo avuto i primi cedimenti: l’aria tesa e i solo a noi poteva capitare hanno fatto spazio a i e ora cosa cavolo facciamo. Il giorno dopo saremmo comunque dovuti rientrare con la barca sull’isola di Bali. Mentre attendiamo di imbarcarci, iniziano ad arrivare le prime mail. L’aeroporto di Bali Denpasaar è stato chiuso: la cenere non permette la visibilità. In un colpo solo non solo realizzo che non sarei tornata a Sydney in tempi brevi, ma che pure il mio viaggio in Nuova Zelanda in un attimo è saltato. La coincidenza che mi aspettava a Sydney per Christchurch sicuramente non avrebbe aspettato me.

Una volta sbarcati, un furgoncino ci avrebbe dovuto riportare direttamente a Denpasaar: andiamo a vedere cosa dicono in aeroporto. L’autista maledetto è quello che ci fa saltare i nervi più di tutti. Lungo il tragitto – circa due ore – rallenta, sghignazza e ci fa passare alle pendici del vulcano. See police? See people in the street? The vulcano is exploding! Tutto questo non fa che aumentare la nostra ansia e la lucidità inizia a vacillare. Lucidità che ammetto perdere del tutto quando arriviamo in aeroporto: tutto sbarrato, l’unica possibilità che abbiamo è quella di accedere ad una emergency room. Qui troviamo seduti, in un lunghissimo tavolo orizzontale, tutti i Consoli Onorari di Indonesia di tutti gli stati del mondo. File interminabili per parlare con un diplomatico, capiamo che non ci siamo forse effettivamente rese conto di quello che sta succedendo.

Piano B, si va sull’isola di Java

Il nostro console ce lo conferma: non si può partire – quanto meno, in aereo. Ha però per noi e per un altro gruppo di italiani una soluzione: andate a Java, l’aeroporto più vicino è quello di Surabaya. Da lì Emirates avrebbe spedito la mia compagna di (dis)avventure a Dubai, me a Sydney. Va bene facciamolo, cosa dobbiamo fare? Ma è davvero facile, prendete il primo bus. Tra tre ore cambierete e ne prenderete un altro. In 25 ore – compreso il traghetto, eh! – dovreste essere a Surabaya. Ero in viaggio, tesa come una corda di violino, già da circa otto ore. L’idea di passare 25 ore su un bus indonesiano onestamente non mi ha emozionato. Neanche me ne accorgo, che inizio a piangere come un bambino a cui hanno tolto il ciuccio. Non sono mai stata un cuor di leone in generale nella vita, figuriamoci affrontare un’emergenza quando ci si trova all’estero, da soli.

25 ore dopo: Surabaya

Arriviamo a Surabaya dopo un viaggio estenuante. Realizziamo solo una volta scesi dal bus, che il nostro autista ha guidato per 22 ore consecutive senza mai fermarsi. Pensarci non serve più, oramai siamo arrivati. Chissà perchè immaginavo l’Aeroporto di Surabaya come immenso, snodo e crocevia dell’Indonesia dell’ovest. Mi sbagliavo: l’aeroporto di Torino è evidentemente più servito – ed ho detto tutto. Ci scagliamo per prima cosa su un chioschetto di Nasi Goreng – piccanti piccantissimi come piacciono a me. Entriamo, e qui l’ennesima botta. Una fila interminabile di persone al centro informazioni. Ancora attese, questa volta non ce l’avrei potuta fare. Andiamo verso le prime posizioni, chiediamo per cosa aspettano e capiamo subito: i voli da Surabaya sono limitati e non c’è posto per tutti. Occorre un altro piano – piano b, piano c, oramai ho perso il conto dei piani – decidiamo di trovare un hotel e prenotare i voli dal telefono.

Alla fine della fiera – e della pazienza

Dopo aver cambiato due diversi hotel – nel primo ci abbiamo trovato i topi, si loro – riusciamo ad avere una data di partenza. Per tornare a Sydney avrei dovuto fare il giro del mondo: Surabaya-Giacarta, Giacarta-Kuala Lumpur, Kuala Lumpur-Sydney. Giacarta-Kuala Lumpur rimarrà per sempre nella mia memoria, ed è il motivo per cui ancora oggi – a distanza di quasi tre anni – volare mi rende nervosa.

Non è stata una bella esperienza. Trovarsi lontani da casa in una situazione in cui le decisioni non dipendono da te, non è cosa facile. Essere in balia di governi o catastrofi naturali, poco importa. Quando la Farnesina ci ha liquidato in due parole, abbiamo iniziato a chiederci cosa avremmo dovuto fare o a chi rivolgerci. Aver trovato il Console all’aeroporto ci ha sollevato da quella sensazione di indecisione e di responsabilità da noi stesse per noi stesse.

Da questa esperienza ho comunque tratto degli insegnamenti:

  • Mantenere la calma: ci sto ancora moolto lavorando, per come sono fatta non è per niente facile. In alcune situazioni è comunque imprescindibile
  • Fai ciò che ti senti: all’aeroporto di Denpasaar ho trovato un’amica australiana. Anche lei era in vacanza a Bali, e la prese con più filosofia. Beh, se non posso partire allungo la vacanza! Io volevo allontanarmi il più in fretta possibile. Non guardare cosa fanno gli altri, fai ciò che ritieni sia giusto per te
  • Stipula sempre un’assicurazione sanitaria per i tuoi viaggi: ho sempre dato la salute per scontata, e non ne ho mai stipulata una. Atterrata finalmente a Sydney ho pensato a cosa sarebbe potuto succedere se avessi avuto bisogno di cure mediche.
  • Fai sempre sapere dove sei: ai tuoi genitori, alla Farnesina. Se puoi farlo, iscriviti all’AIRE. Fai che in tempo reale amici e parenti sappiano sempre dove tu ti trovi in qualsiasi momento.

Torneremo a viaggiare

Tutto lo stress accumulato in quelle due settimane intrappolata in Indonesia – perchè alla fine, il primo volo utile è stato dopo cinque giorni dal nostro arrivo a Surabaya – non mi ha comunque mai fatto desistere dal viaggiare. Affrontare un’emergenza quando ci si trova all’estero non è facile, soprattutto quando molto dipende da te.

Spero che neanche questa emergenza globale lo faccia, e che le persone che in questo momento si trovano intrappolate all’estero come lo ero io, una volta tornate a casa possano riscoprire il piacere di volare, di visitare posti nuovi e ovviamente fare fronte ai piccoli imprevisti che possono capitare.

Torneremo a viaggiare, questo l’augurio più grande che possa fare a me stessa e a tutti voi che leggete.

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L'immagine di copertina è stata scaricata da Pixabay.

9 Comments

  1. 31 Marzo 2020 / 21:12

    Dev'essere terribile affrontare una situazione del genere lontani da casa e dal proprio paese. Rimanere in posto dove non si conosce anche dal punto di vista sanitario, mette ancora di più ansia.
    Speriamo che passi tutto molto in fretta.

  2. 3 Aprile 2020 / 11:31

    Un articolo come questo è sicuramente molto utile sempre, ma lo è soprattutto in un periodo come questo. Grazie per avercelo proposto!

  3. Sabrina
    4 Aprile 2020 / 10:12

    Informarsi prima di tutto dai canali ufficiali, oggi che le notizie approssimative o false viaggiano alla velocità del web, è la cosa più importante e talvolta la più difficile! Credo che dopo questo momento storico, le assicurazioni sanitarie saranno un travel item insostituibile per tutti!
    PS: complimenti per la bellezza della grafica del tuo blog!

    • Fabiana
      Autore
      9 Aprile 2020 / 10:52

      Ciao Sabrina, ho imparato la lezione! Da ora in poi non si viaggia più senza assicurazione! Grazie mille per i complimenti, detto da te valgono doppio!

  4. 10 Aprile 2020 / 11:03

    Io pure avendo vissuto diversi mesi all'estero e avendo amici che vivono tutt'ora all'estero ci ho pensato subito. Mio cugino stava in Erasmus a Barcellona e per tornare a casa è stata una vera e propria odissea, ma devo dire che la Farnesina in questo caso è stata davvero di aiuto. E' una situazione che non si augura a nessuno e la cosa più importante è mantenere il sangue freddo per quanto possibile

    • Fabiana
      Autore
      11 Aprile 2020 / 15:17

      Esatto, anche per me fu un'odissea senza fine. Purtroppo il mio carattere non mi ha permesso di mantenere la stabilità emotiva necessaria, ma fortunatamente la mia migliore amica era con me!

  5. 21 Aprile 2020 / 16:46

    Mi sono piegata dalle risate per la risposta della Farnesina, davvero! Per il momento ho dovuto affrontare solo la malattia in viaggio, a 2 passi da casa tra l'altro, quando tanti anni fa io e mio marito abbiamo preso la salmonella in Croazia. Devo ammettere che eravamo cosi malati da ricordare davvero poco delle giornate trascorse in semi-incoscienza tra bagno e letto sulla splendida isola di Korkula (che praticamente non abbiamo visto!). Siamo sopravvissuti e, oltre a perdere 5 kg a testa abbiamo terrorizzato le nostre famiglie e i nostri amici. Noi però non abbiamo mai perso la voglia di viaggiare.

    • Fabiana
      Autore
      24 Aprile 2020 / 16:03

      Mamma mia! Malattia o catastrofe naturale..quello che mi ha sempre spaventato è l'impossibilità a muoversi o fare qualsiasi cosa!

  6. 22 Aprile 2020 / 23:02

    Io sto vivendo questa quarantena incastrata qui in Andalusia e non vedo l'ora di riuscire ad entrare in Italia. Non sono in una situazione di difficoltà perchè qui ho una casa, ma non posso dire che sia come stare in Italia vicino alla mia famiglia. Leggendo il tuo articolo percepisco e comprendo la difficoltà che hai vissuto.

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